190 anni di Francesco Giuseppe
Il 18 agosto 1830 a Schönbrunn nasceva Francesco Giuseppe, l’ultimo grande Imperatore d’Austria. Regnò per ben 68 anni, dalle rivoluzioni liberali del 1848 al 1916, in piena Grande Guerra.
Fu un personaggio complesso: per certi versi responsabile del crollo dell’Impero, per altri unico garante della sua sopravvivenza. Se nei primi anni si attenne ai principi del neo-assolutismo, lasciando mano libera all’odiato ministro degli interni Bach, dopo la perdita del Lombardo-Veneto e la disastrosa sconfitta di Sadowa contro i prussiani aprì a riforme liberali, pur rimanendo un convinto conservatore. Con la Patente di febbraio del 1861 nacque il Consiglio Imperiale (Reichsrat), un Parlamento diviso in Herrenhaus (Camera dei Lord) e Abgeordnetenhaus (Camera dei Deputati):si andava verso la monarchia costituzionale. Nel 1867 fu approvato l’Ausgleich, l’atto costitutivo dell’Impero austro-ungarico. Di fatto il vecchio Impero Asburgico veniva diviso in due, una parte austriaca (Cisleitania) e una parte ungherese (Transleitania). Questo da una parte mise fine ai conflitti con gli ungheresi, dall’altra favorì i sentimenti nazionalisti degli altri popoli dell’Impero, che si sentivano sudditi “di Serie B”. Purtroppo la federalizzazione della monarchia, invocata dal romeno Aurel Popovici, non fu mai realizzata e rimane tra i più grandi rimpianti della Casa d’Asburgo.
Per l’Impero iniziò un periodo di grande crescita. L’industrializzazione avanzava, favorita dall’efficienza della pubblica amministrazione e da una rete ferroviaria estesa e moderna. Dal 1870 al 1913 il PIL pro-capite crebbe in media dell’1,76% all’anno, più di Gran Bretagna (1%), Francia (1,06%) e Germania (1,76%). Le differenze fra ovest ed est e fra grandi città e campagna erano forti, ma col tempo andavano appianandosi. Il vero fiore all’occhiello dell’Impero era però la cultura. Vienna, Trieste, Budapest, Leopoli e Praga, come tutto l’Impero, erano città multietniche, in cui convivevano italiani, serbi, cechi, ungheresi, austro-tedeschi, rumeni e soprattutto ebrei. Pur essendo un rigido conservatore cattolico, Francesco Giuseppe continuò la politica di tolleranza religiosa iniziata nel 1782 dal suo avo Giuseppe II. Nel 1867 agli ebrei fu riconosciuta la parità dei diritti. Dopo l’annessione della Bosnia, lo stesso avvenne per i musulmani: l’Islamgesetz del 1912 è di fatto rimasto in vigore fino a pochi anni fa, quando è stato emendato da Kurz per combattere la radicalizzazione nelle moschee! Nella Belle Époque Vienna divenne la capitale culturale d’Europa, con intellettuali come Zweig, Kafka, Freud, Rilke, Klimt, Mahler e tanti altri. Gli ebrei erano i grandi protagonisti della scena culturale viennese ed erano perfettamente integrati nella società. Nel 1910 erano il 35% degli iscritti al liceo, nel 1880 un terzo della popolazione accademica, tra il 1897 e il 1911 addirittura il 18% degli ufficiali dell’armata in riserva. Proprio per la multietnicità della Kaiserliche und Königliche Armee Hitler rifiutò di farne parte, preferendo arruolarsi nel più “puro” esercito dell’Impero tedesco.
Ormai ultraottantenne, Francesco Giuseppe si fece convincere dai suoi generali e dal partito filotedesco a dichiarare guerra alla Serbia. Tentò invano di protestare, memore della tragedia di Solferino a cui aveva assistito in prima persona. Ma ormai era troppo tardi: la guerra avrebbe portato alla fine dell’Impero. Illusi di essersi liberati dalla “prigione dei popoli” austroungarica, i popoli mitteleuropei piombarono in anni di tragedie. Il vuoto di potere lasciato da Vienna fu sostituito da tanti piccoli stati nazionalisti e protezionisti in continua lotta l’uno con l’altro, che nulla poterono di fronte all’avanzata della barbarie nazista prima e dell’oppressione sovietica poi.
Dopo la caduta del muro la Mitteleuropa prova a guardare al futuro, ma molti rimpiangono quell’anziano imperatore che, isolato tra l’Hofburg e Schönbrunn da un mondo a cui si sentiva estraneo, si definiva “il primo funzionario dello Stato”. Lo lasciamo con una frase che lui stesso si fece scappare parlando con un diplomatico straniero:
“Sono l’ultimo monarca della vecchia scuola. Il mio compito è proteggere i miei popoli dai loro politici”.