La crisi del Coronavirus rivela anche una crisi degli intellettuali: non si fanno venire in mente niente di intelligente.

Andrea Pradelli
7 min readApr 20, 2020

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Ogni crisi ha i suoi intellettuali. Ma questa volta si fanno notare soprattutto per le esagerazioni: il regime totalitario di Xi Jinping non è un modello nella crisi del Coronavirus, e pure lo stato di emergenza permanente non è il destino delle democrazie.

Di Josef Joffe, Neue Zürcher Zeitung

Era destino. Il COVID-19, la peste dei nostri tempi, ha infettato le anime degli opinionisti, che in Europa sono spesso e volentieri chiamati filosofi. Gli uni rimpiangono lo Stato onnipotente come salvatore, gli altri tremano al pensiero che questo possa distruggere la libertà.

L’Occidente si è tolto dai piedi il mostro totalitario del XX secolo. Ora la sua variante cinese è celebrata come modello nella guerra al virus, mentre le democrazie barcollavano ciecamente e tumultuosamente in mezzo alla crisi umanitaria. Dalla parte opposta sfilano i commercianti della paura. Queste menti superiori vedono nello Stato totalitario non il redentore, ma l’usurpatore. Che cementificherà lo stato d’emergenza. Come dire: <<Un popolo, un Reich, un salvatore.>>

Cartesio, che pensava che le idee dovessero essere <<clare et distincte>>- <<chiare ed esplicite>>- , è morto da un bel pezzo, almeno nel postmoderno <<anything goes>>. I suoi wannabe-eredi chiacchierano, mormorano e fanno domande impegnate, a cui però non rispondono.

Žižek,Agamben

Ad esempio Slavoj Žižek, il veloce opinionista-tuttologo. Ha subito evocato la fine del mondo come oggi lo conosciamo. Ci vorrebbe un nuovo “comunismo”, un’“organizzazione globale”, che finalmente ripulisca il pianeta dai soliti sospetti. Questo governo mondiale dovrebbe “controllare l’economia”, “limitare la sovranità degli stati nazionali”. I globo-comunisti sapevano che <<le libertà si possono salvare solo con cambiamenti radicali>>, <<perché il capitalismo globale si sta dirigendo verso la crisi>>. Lo fa beatamente dai tempi di Adam Smith, ma quel mascalzone da 400 anni non vuole morire.

Quali cambiamenti, Žižek non ce lo rivela. Quindi non ci rimane che fare congetture. Lo Stato di polizia come in Cina. Le museruole, che in stile totalitario hanno bloccato i whistleblower, facendo in modo che da dicembre in poi il virus potesse volare allegramente per il mondo. È così che l’epidemia si è trasformata in pandemia, che dalla Cina ha fatto precipitare il mondo nel disastro.

Che Kaiser Xi abbia fatto meglio è una pia illusione, che la propaganda di Pechino diffonde diligentemente. A svolgere il ruolo principale non è stato il sistema, ma l’asse del tempo. La Cina ha potuto far partire il piano di difesa circa due mesi prima dell’Occidente. Tuttavia, nella fase iniziale il numero di morti è schizzato ripidamente, esattamente come più tardi in Europa e America. Che la Cina da 1,3 miliardi di abitanti potesse essere inchiodata da più settimane a 82 000 casi, molto meno della minuscola Italia, non è mai stato credibile. Ora è venuto alla luce che gli eccellenti cinesi già a febbraio avevano escluso dai calcoli gli asintomatici- in un range massimo di cinque cifre. Oggi nascondono rapporti sulle sepolture di massa a Wuhan, che rovinano il bel quadro.

Il comunismo di Žižek significa, come sempre, Stato coercitivo ed economia pianificata- soltanto globale e totale. Quanti esempi storici dobbiamo tirare fuori per confermare questa semplice realtà? Il Sistema esorcizzerebbe il demone dell’epidemia con il Belzebù della tirannia. Tutto il potere all’uomo forte!

Sì, ma: la Cina non fa altro che crescere e declasserà l’Occidente. Guardiamo meglio. I tassi di crescita da sogno del 15% sono precipitati a 1% o 2%, e nel 2020, come in Occidente, la crescita negativa è alle porte. Hanno avuto tassi di crescita a due cifre anche Giappone, Corea del Sud e Taiwan, i cui modelli la Cina ha copiato fin dai tempi di Deng Xiaoping. Chi inizia da molto in basso può logicamente sfoggiare percentuali da sogno. Il Giappone è in stagnazione da trent’anni. Anche il capitalismo di Stato cinese non potrà sempre scavalcare le leggi dell’economia, come i rendimenti marginali decrescenti di forza lavoro e capitale, ma potrà scavalcare lo Stato liberale.

I pensatori veloci non sono interessati all’arida economia. Ma nemmeno i filosofi del giorno del giudizio, che tamburellano dall’altra parte della strada. Loro non cantano le lodi dello Stato totalitario, ma attizzano la paura di quello democratico. Che non mollerà il potere che ha agguantato durante la pandemia. Giorgio Agamben mormora: << Una società… in un permanente stato di emergenza non può essere libera. Quella in cui viviamo ha scarificato la libertà a favore delle cosiddette ragioni di sicurezza e così si è condannata a vivere in un continuo stato di paura e insicurezza>>.

Gumbrecht, Sloterdijk

Nel frattempo, il mio collega di Stanford Hans-Ulrich Gumbrecht si chiede: <<Lo stato di emergenza, che è stato accolto così calorosamente, potrebbe diventare il nostro stato del futuro?>> Il sempre pronto interprete universale Peter Sloterdijk lo sa esattamente. << Il sistema occidentale>>, rivela in <<Le Point>>, <<si dimostrerà tanto autoritario quanto quello cinese.>>. Parla della <<presa del potere della “sicurocrazia”>> sotto il mantello della <<medicocrazia>>. Siccome i neologismi sono così divertenti, egli profetizza la <<sottomissione alla cultura medicocollettivista>>.

Sloterdijk conosce il futuro, perché i filosofi guardano più lontano e più in profondità degli ingenui. Uno come noi si gratta la sua testa ignorante: Dove sono i fatti che si intensificano e diventano tendenza? L’esempio paradigmatico dell’Ungheria non dimostra nessuna teoria. Viktor Orban ora ha spento il parlamento, per governare per decreto a tempo indeterminato. Solo che questo Stato autoritario è nato anni prima del Coronavirus.

La Merkel, Macron, Johnson, lo stesso Trump (che potrebbe ampiamente governare per ordini esecutivi) non flirtano con i decreti legislativi. Giuseppe Conte non fa marciare le camicie nere nella martoriata Italia. I suoi carabinieri devono onorare la giustizia e la legge. Non incombe nessuno Stato d’eccezione alla Carl-Schmitt. Al massimo alla giustizia mancano i giudici positivi al virus.

Sì, ma…, i profeti del postmodernismo interverrebbero di nuovo: più lungo è lo stato di emergenza, più diventa normale. Poiché il dono della predizione è dato all’uomo solo nelle favole, egli deve guardarsi intorno nella storia. Nella guerra contro le Brigate rosse, l’Italia non si è trasformata in uno Stato autoritario più di quanto abbia fatto la Repubblica Federale nell’<<autunno tedesco>> del terrore della RAF. In Inghilterra lo stato d’emergenza è durato dal 1940 al 1945. Churchill, il re della guerra, fu poi subito bocciato alle urne. Si ritirò obbediente e si ripresentò solo nel 1951.

Franklin D. Roosevelt, dopo Pearl Harbor, ha trasformato l’America in un’economia pianificata; il governo federale da solo si è preso la metà del PIL. Il War Powers Act ha conferito a Roosevelt poteri da dittatore come la censura e l’internamento degli americani di origine giapponese. Dopo la fine della guerra, la quota statale del PIL è caduta di nuovo al livello prebellico del 20%; regnava di nuovo l’economia di mercato. Il popolo ne aveva piene le scatole del Führer a tempo Roosevelt, che era stato eletto quattro volte. Un emendamento costituzionale ordinò allora: fine dopo due mandati!

Stato d’emergenza e normalità

Questa esperienza insegna ciò che i commercianti della paura non hanno sull’hard disk. Trovano particolarmente perfido che l’emergenza-Corona arrivi in punta di piedi, non in anfibi militari. Sarà considerato <<legittimo>> dal popolo, protesta Sloterdijk. Ma è proprio la legittimità la differenza esistenziale con il classico Stato totalitario, che ha aizzato e allo stesso tempo sedato le masse con slogan d’odio e fantasie della razza superiore, ma si basava sul terrore e sulla violenza. In una società libera, la legittimità dello stato di emergenza si salva due volte. Prima di tutto, l’approvazione del popolo: oggi secondo i sondaggi, più del 90% dei tedeschi approva il distanziamento sociale, quasi altrettanti si fidano del sistema sanitario. In secondo luogo c’è il silenzioso monito ai potenti: << Il vostro superpotere vi è solo prestato, il nostro privilegio è inalienabile come lo Stato di diritto>>. Roosvelt, Churchill e Helmut Schmidt non si sono innalzati a despoti.

La follia dell’intelligenza

La questione è più profonda dei sussurrii sull’NKWD e sulla Gestapo nel XXI secolo. Dalla fine del XX secolo in Occidente mancano i classici elementi costitutivi dello Stato di polizia: lo sciovinismo, l’odio contro il <<diverso >> decretato ufficialmente, l’eletto del proprio popolo. Lo Stato nazionale, nonostante l’UE, non è certamente sprofondato nella <<fine della storia>>. Ma perduto è l’ultranazionalismo, che una volta nel delirio popolare ha trascurato la libertà. L’apogeo dell’<<Über Alles>> è durato 150 anni: dalla <<levèe en masse>> del 1793 fino a Hitler.

Il sentimento nazionale, intendiamoci, in Occidente, può essere immaginato così. In cima alla lista ci sono l’America e Israele con il loro ininterrotto orgoglio nazionale. Sotto ci sono l’Inghilterra e la Francia, dove il sentimento nazionale prevale su quello post-nazionale. Infine la Germania, che celebra il nazionalismo solo allo stadio. Ma dappertutto manca la versione aggressiva, che alimenta lo Stato di sottomissione. Il nazionalismo di oggi non è espansivo, ma difensivo- vedi la Brexit e il <<take back control!>>.

I confini non dovrebbero cadere in una guerra lampo, ma tener lontano ogni tipo d’intruso: Bruxelles, immigrati, merci, fornitori di servizi stranieri che ci fanno concorrenza dall’estero. La parola d’ordine non è <<Fino a Parigi>> come nel 1914, ma <<Restiamo a casa!>>. Questo vale anche per lo stesso <<America first>>. Il grido di battaglia non è la felicità del mondo, ma la soddisfazione individuale, da raggiungere ripiegandosi in sé stessi.

<<Heim ins Reich>>, non significa conquista, ma <<Riportateci i posti di lavoro!>>. Rocqueville aveva ragione, quando attribuiva questo alla democrazia: l’<<uguaglianza crescente>> avrebbe mitigato le <<passioni di guerra>> e <<la lirica brama per il rumore delle armi>>.

Nell’emergenza i cittadini guardano certamente molto allo Stato, ma non per adorarlo. <<Papà Stato>> non è l’apoteosi, ma un’agenzia di approvvigionamento e assicurazione, un’azienda che sconfigge il nemico virale. Costruisce ospedali, impone la produzione di respiratori, aumenta gli stipendi nella disoccupazione parziale e versa bilioni nell’economia. Una società di assicurazioni non costruisce altari. Se non paga, la porteremo in tribunale esattamente come un governo prepotente.

Il ponte per il ritorno alla normalità non vacilla. Alain Finkielkraut ha scritto recentemente che la stupidità non è il contrario dell’intelligenza. <<Ci sono una follia dell’intelligenza e la follia degli intellettuali>>.

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Andrea Pradelli
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Written by Andrea Pradelli

PhD student in Economics at Trento University. Passionate about politics, economics, languages and history, especially the Habsburg Empire.

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